La direttiva europea parla chiaro: il futuro dell’edilizia deve avere un consumo di energia prossimo allo zero.

La Direttiva Europea 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, emessa il 19 maggio 2010 e riguardante la prestazione energetica nell’edilizia, parla chiaro per quel che concerne il focus su cui ci si dovrà incentrare nel prossimo futuro e introduce il concetto di edifici nZEB (Nearly Zero Energy Buildings).

L’attenzione sempre più cospicua verso il tema dell’abbattimento del consumo energetico diventa primaria proprio per il fatto che al settore edilizio va attribuito un ruolo chiave per il raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’UE in termini di efficienza energetica: ad oggi il 40% del consumo di energia e un terzo delle emissioni di CO2 va infatti imputato al consumo degli edifici costruiti. Per queste ragioni, con l’introduzione di costruzioni a energia quasi zero in tutta l’Unione Europea si presume la diminuzione di oltre il 40% dei consumi energetici già dal 2050.

La Direttiva riguarda difatti tutte le nuove costruzioni e le ristrutturazioni importanti e impone agli Stati membri di dotarsi di sistemi di certificazione energetica il più omogenei possibili, chiamandoli anche a prevedere degli incentivi economici e finanziari volti alla trasformazione degli edifici già esistenti in edifici a energia quasi zero.

La definizione di nZEB si trova nella Direttiva stessa: “edificio a energia zero: edificio ad altissima prestazione energetica, determinata conformemente all’allegato I. Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze.”

Seppur questa definizione possa risultare chiara, di certo non delinea nel dettaglio i parametri numerici mediante i quali possano ottenersi edifici a energia quasi zero, né tantomeno i limiti che si debbano rispettare o come questa efficienza energetica possa e debba essere calcolata. L’apparente reticenza di informazioni è riconducibile al fatto che l’UE abbia voluto che ogni Paese membro recepisse la Direttiva e la rielaborasse in base alle proprie specifiche esigenze e situazioni locali.

Articolo 9 – Edifici a energia quasi zero Gli Stati membri provvedono affinché:

  • entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione siano edifici a energia quasi zero;
  • entro il 31 dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblici e di proprietà di questi ultimi siano edifici a energia quasi zero.

Gli Stati membri procedono inoltre, sulla scorta dell’esempio del settore pubblico, alla definizione di politiche e all’adozione di misure, quali la fissazione di obiettivi, finalizzate a incentivare la trasformazione degli edifici ristrutturati in edifici a energia zero e ne informano la Commissione nei piani nazionali (..).

Con l’introduzione di questo nuovo modo di progettare e costruire si introducono importanti vantaggi sia dal punto di vista economico, pensiamo ai costi di mantenimento, sia dal punto di vista ambientale, grazie infatti alla sensibile riduzione dell’impatto prodotto dai nostri consumi.

In Italia la Direttiva europea viene recepita con il DL 63/2013 poi tramutato in Legge 90, il 3 agosto 2013.

L’italiana Legge 90 trasforma il generico “dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da fonti rinnovabili” della Direttiva in una obbligatorietà vincolando ad essa una verifica da eseguire e riportare sulla relazione progettuale. Inoltre, pone l’accento su un altro importante dettaglio: il confine del sistema da cui produrre le fonti rinnovabili. La legge italiana, infatti, dichiara che solo le energie rinnovabili prodotte “in sito” possono essere giudicate realmente valide al fine del calcolo e del controllo di verifica.

Ma non solo abbiamo apportato modifiche sostanziali alle direttive ricevute, abbiamo anche due casi di virtuosismo in quel che concerne il green building che rendono il nostro Paese ancora più interessante e all’avanguardia nel panorama europeo. La regione Emilia Romagna ha, infatti, anticipato l’obbligo degli edifici nZEB di due anni rispetto le indicazioni europee ricevute mentre, la regione Lombardia, ha già attuato e messo in vigore gli standard previsti per gli edifici nZEB occupati o di proprietà delle pubbliche amministrazioni.

Per il caso emiliano la Delibera di Giunta regionale n. 967 del 20 luglio 2015 indica il 1° gennaio 2017 come data ufficiale a partire dalla quale sono entrati in vigore i criteri previsti per gli edifici nZEB pubblici e il 1° gennaio 2019 per tutti gli altri edifici.

Per il caso lombardo, le scadenze vengono riportate nel Decreto n. 6480 che dichiara essere stato il 1° gennaio 2016 la data a partire dalla quale sono entrate in vigore le nuove disposizioni edili per quel che concerne gli edifici occupati da pubbliche amministrazioni o di proprietà di quest’ultime.

Ma come sono stati individuati e conseguentemente tracciati, in Italia, i parametri che garantiscono una costruzione a energia quasi zero?

Ciò che ha permesso l’attuazione nel nostro Paese delle direttive europee e della relativa Legge 90 è stato il Decreto Requisiti Minimi, emesso il 26 giugno 2016 e che racchiude l’applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e la definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici nZEB.

Esso infatti individua il primo concetto chiaro riguardante l’edificio limite a cui devono tendere gli edifici lombardi dal 1° gennaio 2016: l’edificio di confronto, considerato il limite massimo di energia primaria al di sotto del quale il progetto può considerarsi nZEB è l’edificio di riferimento, calcolato sostanzialmente sostituendo i valori di trasmittanza delle strutture dell’edificio reale con quelli fissati dal decreto per gli edifici progettati dall’inizio del 2016 e utilizzando i rendimenti indicati dalla DGR in luogo dell’impianto realmente presente nell’edificio. Si tenga presente che, quando si parla di prestazione energetica globale di un edificio, si deve tener conto di tutti e cinque i servizi: riscaldamento, raffrescamento, ACS, ventilazione e illuminazione; ciò presuppone che il progettista debba tener conto di tutti gli impianti chiamati in causa cercando di non sbilanciare il rendimento verso uno solo o alcuni dei servizi sopracitati, per non creare difficoltà nell’attenersi alle verifiche richieste per gli altri servizi presi in esame.

Oltre a ciò quindi il Decreto predispone anche delle verifiche atte a confermare o meno i presupposti indicati come indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, analizzando in particolare l’INVOLUCRO E l’IMPIANTO stesso degli edifici.

Un green building, quindi, che in Italia è già diventato realtà e che porterà, in un futuro sempre più prossimo, alla costruzione di soli edifici volti al risparmio energetico, alle energie rinnovabili e all’abbattimento sostanziale dei consumi. Una tendenza che da subito ha voluto dare un’importante svolta nel modo di costruire e soprattutto ha concentrato le proprie energie sui criteri ormai giudicati essenziali per il benessere comune, con un respiro non solo europeo ma mondiale.