FINESTRE FUTURISTE
In questo dipinto, il pittore futurista Umberto Boccioni ritrae una donna di spalle, poggiata alla ringhiera di un balcone. La vista che si apre da tale postazione mostra una fitta serie di edifici, una strada sulla sinistra e dei cantieri nella parte centrale del dipinto.
Il quadro venne esposto alla prima mostra futurista di Parigi del 1912.
Nel medesimo anno, Boccioni, redige il Manifesto tecnico della scultura futurista, ma, più che l’attività teorica, appaiono subito straordinari gli esiti a cui giunge con la sua opera. Con la scultura, Boccioni realizza una delle sculture più famose in assoluto di questo secolo. Indaga la deformazione plastica di un corpo umano in movimento per poi giungere ad una forma aerodinamica dove il corpo, seppur stilizzato, riesce a trasmettere una grande sensazione di forza e potenza. La statua diviene simbolo stesso dell’uomo del futuro, così come lo immaginavano i futuristi: metà uomo e metà macchina, lanciato in corsa a percorrere il mondo con forza e velocità. *1
I pittori che presentarono le loro opere (Boccioni, Carrà, Russolo, Balla e Severini ) scrissero in questa occasione una Prefazione in cui ribadirono i concetti già espressi nei manifesti precedenti del movimento futurista e definirono la loro opera “pittura degli stati d’animo”. Lo stato d’animo è dunque in quest’opera come in altre il fulcro della concezione della pittura boccioniana.
Boccioni ha scoperto che la “vera realtà è la sensazione”, unica cosa di cui può essere certo e unica esperienza del mondo esterno che può avere.
Boccioni stesso descrive la sua opera in questo modo: “La sensazione dominante è quella che si può avere aprendo una finestra: tutta la vita, i rumori della strada, irrompono contemporaneamente come il movimento e la realtà degli oggetti fuori. Il pittore non si deve limitare a ciò che vede nel riquadro della finestra, come farebbe un semplice fotografo, ma riproduce ciò che può vedere fuori, in ogni direzione, dal balcone”. E ancora: “Dipingendo una persona al balcone vista dall’interno noi non limitiamo la scena a ciò che il quadro della finestra permette di vedere; ma ci sforziamo di dare il complesso di sensazioni plastiche provate dal pittore che sta al balcone: brulichio soleggiato della strada, doppia fila delle case che si prolungano a destra e a sinistra, balconi fioriti ecc. Il che significa simultaneità d’ambiente, e quindi dislocazione e smembramento degli oggetti, sparpagliamento e fusione dei dettagli, liberati dalla logica comune e indipendenti gli uni dagli altri”.
Come nell’altra opera del 1911, Visioni simultanee, nello spazio visivo di questo dipinto si può osservare in sintesi tutto ciò che circonda l’osservatore che si sporge sulla strada.
Affacciandosi al balcone, la donna non assiste soltanto, ma è completamente immersa e partecipa attivamente alla vorticosa attività umana nella piazza sottostante. Gli oggetti si compenetrano, si sovrappongono, si intersecano: le verticali diventano oblique come a descrivere un corpo in movimento: tutto è frenetico e febbrile. Gli edifici in costruzione sembrano muoversi e dirigersi verso la parte alta del dipinto, mentre scalpitanti cavallini rossi, sbalzati dalla strada, prorompono al di qua del balcone attraverso la ringhiera da cui si affaccia la donna (in Boccioni non l’automobile, ma il cavallo, incarnazione dell’energia della natura, è il simbolo del dinamismo universale); tutto quanto si muove in un turbine e sembra voler entrare in casa. Movimento, vitalità, frenesia: sono queste le sensazioni emanate dal quadro. Il tema a cui si vuol dar vita è il dinamismo cittadino reso attraverso una compenetrazione di luci, suoni e movimenti che coglie le infinite relazioni tra gli oggetti.
È una esaltazione del movimento inteso come simultaneità; l’immagine frantumata e spezzata si ricompone in un vortice luminoso e in un turbine ascensionale, acceso dai colori primari e disegnato dalle linee di forza.
Anche chi osserva il quadro è catapultato nella stessa sensazione di immersione totale nelle forze vive della città. Del resto, nella seconda versione del Manifesto dei Pittori futuristi del 1909, alla cui redazione contribuisce lo stesso Marinetti, oltre al distacco dalla pittura tradizionale realista e al desiderio di un’arte nuova che rispecchi il ritmo del progresso e la conquista del futuro, si afferma: “La costruzione dei quadri è stupidamente tradizionale. I pittori ci hanno sempre mostrato cose e persone poste davanti a noi. Noi porremo lo spettatore al centro del quadro”. Per questo il quadro deve essere un campo di battaglia tra linee di forza in conflitto, le quali devono avviluppare lo spettatore e trascinarlo nella mischia. Così l’invenzione futurista prende consistenza appunto identificando l’oggetto artistico nella fruizione del pubblico.
Questo quadro fa proprie le indicazioni programmatiche delineate nel manifesto dei Pittori Futuristi e che sostanzialmente possono essere sintetizzate nelle seguenti:
- l’artista futurista è chiamato a liberarsi dalla tradizione del passato e a cercare i soggetti della sua ispirazione nella vita moderna, esaltando tutto ciò che rappresenta il progresso e l’innovazione e pertanto si proietta nel futuro (futurismo opposto a passatismo);
- l’artista futurista deve celebrare il movimento, la velocità, il dinamismo e tutto quanto rappresenta la forza e l’energia.
Al di là di ogni ideologismo e di ogni valutazione storico-politica del movimento, il Futurismo è il movimento d’avanguardia più importante di inizio secolo. Si basa sul rifiuto di tutte le forme artistiche tradizionali; cerca un linguaggio adeguato alla nuova civiltà delle macchine e basato sul vitalismo dell’epoca moderna. Il futurismo coinvolge tutte le forme artistiche dando origine a veri e propri capolavori nell’ambito delle arti plastiche e visive. Alla base del futurismo fu l’intuizione che la cultura del Novecento non avrebbe potuto non tener conto dei poderosi processi di trasformazione socio-economica in atto: la rapida industrializzazione, la nuova struttura e la nuova funzione delle città, il trionfo della velocità, protagonista dei mezzi di comunicazione (come la radio) e dei mezzi di trasporto (l’automobile, l’aereo e in generale quelli mossi dal motore a scoppio), infine la stessa violenza distruttiva delle nuove armi. Ai futuristi risultò inadeguata la vecchia concezione della cultura come riflessione e comprensione razionale della realtà; così le contrapposero l’idea di una cultura incentrata sul bisogno di agire e su un progetto artistico capace di rappresentare il dinamismo.*2 Riguarda indubbiamente l’esperienza italiana nella sua svolta storica da civiltà preindustriale a civiltà industriale, e riesce a portare avanti uno sforzo di creatività e di adeguamento dei linguaggi alla realtà vissuta che nessun altro schieramento intellettuale era stato in grado di compiere.
Fonti: