L’81,3% della sua superficie forestale risulta disponibile al prelievo legnoso: perché la logica del prodotto a km 0 non viene applicata in questo settore?
In Europa le importazioni di legname e derivati da Paesi Extra-Ue stanno crescendo in maniera esponenziale. Secondo uno studio condotto da FederlegnoArredo e Conlegno, dal 2015 hanno sfiorato il valore di 26 miliardi di euro, con un incremento negli anni del 30%.
Tra i Paesi maggiormente importatori dell’Unione Europea, l’Italia si classifica al terzo posto, con circa 3 miliardi di euro di importazioni, alle spalle di Regno Unito e Germania. Ed è quindi anche uno dei Paesi più interessati a contrastare il commercio di legname illegale che secondo le stime rappresenterebbe il 30% del legname importato nella UE, dato che circa il 64% dei Paesi da cui importa ha un “indice di corruzione percepita” (Cpi) inferiore a 50. Da qui la necessità di redigere e promuovere il regolamento Eutr ((European Union Timber Regulation), che in Italia è entrato in vigore nel dicembre del 2014, e che ha l’obiettivo di contrastare il commercio di legname illegale.
Ma il dato su cui conviene in ogni modo fermarsi a riflettere è proprio quello relativo alla percentuale italiana di import. Partendo dal presupposto che il legno rappresenta una risorsa assolutamente preziosa per il territorio italiano e che siamo in un’economia dove la scelta dei prodotti a km 0 la fa da padrone, come è possibile che non venga scelto il materiale locale anche nel settore legno?
Tenendo conto, per di più, che il territorio boschivo italiano (principalmente composto da legname di Pino, Acero, Larice, Abete, Castagno e Noce) ha avuto, negli ultimi decenni, una grande e decisa espansione, aumentando addirittura del 20% la sua superficie, portandola così ad un 34% totale dell’intero territorio nazionale, è spontaneo chiedersi per quale motivo l’Italia si trovi al terzo posto nella classifica europea di Paesi maggiormente importatori del materiale legno e derivati.
Purtroppo, la realtà è che l’utilizzo del legno italiano è ostacolato da numerosi fattori, la maggior parte dei quali riguarda direttamente la burocrazia italiana per quel che concerne il tema del controllo forestale e gestione delle aree boschive, tra cui:
- macchinose leggi italiane nel campo della concessione di territori boschivi;
- scarsa preparazione tecnica degli operatori forestali;
- difficoltà di meccanizzazione dei boschi, territori ripidi e particolarmente scoscesi rendono difficile l’estrazione di legname se non con l’utilizzo di tecniche costose ed impegnative;
- il 67% dei boschi italiani sono di proprietà privata e sono costituiti da terreni di superficie variabile fra i 2 e i 3 ettari.
Il problema principale è quindi la gestione di questi terreni che, sebbene privati, potrebbero essere coordinati da un programma di controllo di queste aree di modo da agevolare i proprietari privati prelevando il materiale in eccesso, pulendo l’area e, al contempo, fornendo materiale all’industria del legno, in quanto a livello nazionale l’81,3% della superficie forestale totale risulta disponibile al prelievo legnoso.
I vantaggi ambientali di una corretta gestione delle foreste italiane sarebbero importanti, basti pensare al fatto che l’affermazione che le foreste rappresentino il polmone verde del nostro pianeta è vera fino ad un certo punto. Tutte le aree boschive esistenti sulla Terra sottraggono anidride carbonica dall’atmosfera e restituiscono il prezioso ossigeno così determinante per la nostra sopravvivenza. Ma questo processo si verifica nella fase di crescita delle piante, cioè quando la foresta è giovane. Col passare degli anni, i boschi in via di invecchiamento e decadimento rilasciano anidride carbonica nell’ambiente e possono costituire un reale rischio per incendi e smottamenti del terreno.
Implementare dunque l’utilizzo del legno locale favorirebbe quindi una corretta gestione delle foreste permettendo così di mantenerle sempre salvaguardate e perennemente monitorate, adeguando e garantendo la giusta proporzione tra piante giovani ed anziane, favorendo così non solo un benessere economico ma anche salutare per gli esseri viventi.
Ma, tornando alle problematiche, l’altro aspetto da non poter non evidenziare è l’alto prezzo del legno italiano, derivante come conseguenza diretta da tutti i punti chiave e critici elencati poc’anzi.
Sicuramente molto è ancora da fare prima di poter arrivare ad una risoluzione definitiva del problema: provvedimenti veri e propri a livello legislativo nazionale non sono ancora stati discussi né ipotizzati.
Dal canto nostro, possiamo sicuramente incentivarne la svolta prediligendo legname italiano rispetto a quello straniero, essendo però coscienti dello svantaggio economico che questa scelta rappresenta. Nel caso non sia possibile operare in questo senso, è sempre meglio prediligere legname europeo in quanto, all’interno dell’UE, si trovano norme severe in materia di commercializzazione e taglio del legname che preservano.